Monday, December 17, 2007

Piccolo Glossario della Neolingua #20

“There is very little difference between state monopoly capitalism, or corporate state capitalism, what­ever you want to call it, in the United States and Western Europe today, and the mercantilist system of the pre-Industrial Revolution era.”
(Murray N. Rothbard)
Ritorna il nostro Piccolo Glossario dopo una breve interruzione del servizio (causa trasloco), e per l'occasione ho scelto un termine fondamentale, il capitalismo, sul quale si è giocata tutta la politica dell'ultimo secolo. In questo caso anche il dizionario è di scarso aiuto, in quanto accetta in toto la definizione di capitalismo professata da Marx, che del capitalismo fu il più grande detrattore.
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Capitalismo
Significato originario:
1 sistema economico e sociale caratterizzato da una larga formazione e mobilità dei capitali, dalla proprietà privata dei mezzi di produzione, dalla ricerca del profitto individuale e dalla separazione dei produttori in classi detentrici dei capitali e classi lavoratrici (ed è tipico dell’età della rivoluzione industriale)
2 l’insieme dei capitalisti, dei paesi capitalisti: il c. internazionale, imperialista
Succede spesso che, di fronte a gravi dissesti economici e alla sempre più diffusa ingiustizia, si metta sotto accusa il capitalismo e si richieda maggior controllo e regolamentazione del mercato. Nonostante il declino del marxismo, la sua definizione di capitalismo continua ad essere adottata, specie quando si tratta di spiegare le ragioni della grande sproporzione nella distribuzione della ricchezza. Ed è certamente un grande successo dello stato, che un sistema economico che si è dimostrato capace di produrre ricchezza come nessun altro prima venga accusato dei fallimenti provocati invece dall'intervento statale in economia. Con le parole di Rockwell:
L'economia di mercato ha generato una prosperità incalcolabile e, decennio dopo decennio, secolo dopo secolo, miracolose capacità di innovazione, produzione, distribuzione e coordinazione sociale. Al mercato libero, dobbiamo tutta la prosperità materiale, tutto il tempo libero, la nostra salute e longevità, la nostra popolazione enorme e in crescita, quasi tutto ciò che chiamiamo la vita in sé. Il capitalismo e solo il capitalismo ha salvato la razza umana da degradante povertà, da malattie rampanti e da precoce morte.

In assenza dell'economia capitalista e di tutte le sue istituzioni fondamentali, la popolazione del mondo, col tempo, si ridurrebbe ad una frazione del suo numero attuale, con quel che fosse rimasto della razza umana ridotta sistematicamente alla sussistenza, mangiando soltanto ciò che può essere cacciato o raccolto. Anche l'istituzione che è la fonte della parola civilizzazione in sé – la città – dipende dallo scambio e dal commercio e non può esistere senza di essi.

E questo soltanto per accennare ai benefici economici del capitalismo. È anche un'espressione di libertà. Non è tanto un sistema sociale ma il risultato naturale di una società in cui i diversi diritti sono rispettati, dove ai commerci, alle famiglie ed a ogni forma di associazione è consentito di fiorire in assenza di coercizione, furto, guerra e aggressione.

Difesa dei diritti di proprietà e libertà di scelta, questi sono i cardini del capitalismo. Le classi? Un abbaglio: non si può forse lavorare e detenere un capitale allo stesso tempo, o passare dalla condizione di dipendente a quella di lavoratore e viceversa? E non sono forse i membri di una stessa classe in competizione tra loro, seppure eventualmente anche condividendo alcune esigenze?

Se c'è una separazione di classi nella società, questa va ricercata altrove, precisamente dove è presente una differenza di diritti: attualmente una simile differenza è riscontrabile nella classe politica, alla quale sono concessi privilegi che ai comuni mortali sono negati. C'è un famoso passo del De Civitate Dei di Sant’Agostino, in cui un pirata si rivolge ad Alessandro Magno:
Per lo stesso motivo per cui tu infesti la terra, anch’io infesto la terra. Ma poiché io lo faccio con una barca insignificante mi chiamano malfattore, poiché tu lo fai con una flotta eccezionale ti chiamano imperatore.
Il punto è che lo stato ha in orrore qualsiasi iniziativa privata, qualsiasi semplice e libero scambio tra due individui da cui esso non possa in qualche modo trarre profitto (leggi = estorcere il pizzo), e tale orrore cerca in ogni modo di trasmettere alla società, così da poter continuare a sottrarle risorse indisturbato. Divide et impera: lo stato trasforma la divisione del lavoro in conflitto di classe, e ruba indisturbato agli imprenditori come ai salariati, che si accuseranno l'un l'altro. Definisce guerra la competizione, e nasconde la scomoda verità che la guerra è sempre e solo lui a farla. Vediamo Mises:
Chiamare la concorrenza guerra competitiva, o semplicemente guerra, è soltanto una metafora. La funzione della battaglia è la distruzione; della concorrenza, la costruzione. La concorrenza economica assicura che la produzione proceda nel modo più razionale. Qui, come dappertutto, il suo compito è la selezione della cosa migliore. È un principio fondamentale della collaborazione sociale che non si può immaginare fuori dal quadro. Neppure una comunità socialista non potrebbe esistere senza di essa in una qualche forma, benché potrebbe essere necessario introdurla con l'apparenza, per esempio, di esami. L'efficienza di un ordine socialista della vita dipenderebbe dalla sua capacità di rendere la concorrenza sufficientemente spietata e pungente da essere correttamente selettiva.
Il senso del capitalismo è questo, è la constatazione che non è necessario né possibile operare su meccanismi naturali – perché adottati liberamente – per migliorarne la capacità di adattamento. Pensare di poter “manipolare geneticamente” la società per migliorarla è una grande illusione, che passa attraverso la limitazione della libertà e dei diritti dell'individuo. In realtà l'economia non è che la risultante di innumerevoli scelte quotidiane degli individui, delle loro preferenze ed esigenze, e che sia così naturalmente
possibile migliorare continuamente la condizione economica dell'intera società non è dovuto ad un incantesimo di magia bianca, ma semplicemente al fatto che ognuna delle interazioni economiche, dei liberi scambi avvenuti, ha migliorato in qualche misura la condizione dei contraenti. Rothbard:
La differenza fra il capitalismo del libero mercato ed il capitalismo di stato è precisamente la differenza fra, da una parte, lo scambio pacifico e volontario, e dall'altra, l'espropriazione violenta. Un esempio di uno scambio nel libero mercato è il mio acquisto di un giornale all'angolo per una moneta da dieci centesimi; ecco uno scambio pacifico e volontario che beneficia entrambe le parti. Compro il giornale perché lo valuto più della moneta da dieci centesimi che dò in cambio; e l'edicolante lo vende perché, a sua volta, stima il valore del decino superiore a quello del giornale. Entrambe le parti nello scambio ottengono un vantaggio. E cosa stiamo entrambi facendo è uno scambio di titoli di proprietà: cedo la proprietà della mia moneta in cambio del quotidiano e l'edicolante esegue il cambio di titolo esattamente opposto. Questo scambio semplice di una moneta da dieci centesimi per un giornale è un esempio di unica azione nel libero-mercato; è il mercato al lavoro.

In contrasto con questo atto pacifico, c'è il metodo dell'espropriazione violenta. L'espropriazione violenta si ha quando vado dall'edicolante e sequestro i suoi giornali o il suo denaro con la pistola puntata. In questo caso, naturalmente, non vi è beneficio reciproco; Guadagno a scapito dell'edicolante vittima. Tuttavia la differenza fra queste due transazioni – fra lo scambio reciproco volontario e la pistola puntata – è precisamente la differenza fra il capitalismo del libero mercato e il capitalismo di stato. in entrambi i casi otteniamo qualcosa – ma che siano soldi o giornali li otteniamo in modi completamente diversi, modi dagli attributi morali e dalle conseguenze sociali completamente diversi.
Per quanto incredibile possa sembrare, la propaganda statalista è riuscita a far accettare come legittima e giusta la transazione a mano armata, e ad attribuire a quella libera ogni iniquità e ingiustizia. Sarebbe quindi ora di ricominciare a chiamare le cose con il loro nome, se non vogliamo accettare la condizione di burattini e legittimare il dominio di Mangiafuoco.

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