“I’ve concluded that genius is as common as dirt. We suppress our genius only because we haven’t yet figured out how to manage a population of educated men and women. The solution, I think, is simple and glorious. Let them manage themselves.”
(John Taylor Gatto)
È il turno dell'anarchia, un lemma che il potere è riuscito a trasformare efficacemente in ricettacolo di ogni disgrazia, come una specie di moderno vaso di Pandora. Un rovesciamento di senso totale.
___________________________Anarchia
Significato originario:
1a stato di disordine politico e sociale causato dalla debolezza del governo o dalla sua assenza: lo stato è piombato nell’a.
1b estens., disordine, caos, assenza di disciplina e di regole: nella scuola regna la più completa a., basta con questa a.!
2 filos., dottrina politica e filosofica sviluppatasi nell’Ottocento, che propugna l’abolizione dello stato e di ogni potere costituito in nome della libertà e dell’autonomia individuale
Nella vulgata statalista il termine anarchia è diventato un abusato sinonimo di caos, disordine, sopraffazione, dominio del più forte sul più debole. Invero gli uomini di stato amano attribuire all'anarchia tutti i mali peggiori della società: ma come può essere, visto che di anarchia, nella società, non ve n'è punta? Per dirla tutta, è sufficiente indagare questi mali per rendersi conto che è proprio l'esistenza dello stato, se non a provocarli, senza dubbio ad esacerbarli. Vediamo un esempio di tale ragionamento:
In realtà anarchia significa semplicemente assenza di governo, di autorità (dal greco ἄν = negazione e ἄρχειν = governare), assenza che non giustifica automaticamente il corollario di maledizioni che ad essa si usa accostare. Gli istinti aggressivi dell'uomo hanno forse qualcosa a che fare con la presenza o meno di un'autorità, o anche l'autorità stessa, una volta conferita, possiede il magico potere di purificare l'uomo che ne è investito? La logica suggerirebbe il contrario: è certamente un grosso incentivo all'aggressione il possedere un certo grado di impunità, l'essere considerato in qualche modo “superiore” al resto dell'umanità. È il paradosso ben evidenziato da Rothbard:
Ciò che auspica invece chi sostiene l'idea anarchica è innanzitutto una società più giusta, meritocratica, dove le possibilità di ciascuno di vivere e cercare di costruire la propria felicità non siano decise a priori da altri, senza il consenso del diretto interessato, ed a prescindere dalle sue azioni. In breve, tutto ciò che è negato dalla presenza dello stato, e dalla sua degenerata versione dell'autorità: non come riconosciuta dagli altri in base al proprio effettivo valore per la comunità, ma assegnata d'ufficio, con il sottile velo delle elezioni a sancirne una legittimità che non esiste nei fatti.
Contrariamente al villaggio medioevale, la metropoli moderna con i suoi milioni di abitanti altamente mobili è a malapena immaginabile senza evidenti azioni autoritarie del governo che controllino il comportamento nelle molte situazioni di dilemma del prigioniero. Effettivamente, si può a malapena immaginare che un comportamento non cooperativo come il rubare possa venir controllato solamente dal costume e dalla pressione sociale degli altri membri della comunità in una città come New York. Anche con l'autorità della forza della polizia parti di New York assomigliano ad una giungla hobbesiana.Come volevasi dimostrare, il fatto che nonostante una imponente forza di polizia diversi quartieri di New York siano dei protettorati del crimine organizzato e non viene utilizzato come argomento a favore dello stato e contro l'anarchia, come se fosse quest'ultima, pur senza essere mai apparsa dalle parti di New York, ad aver provocato tale situazione.
(Dennis C. Mueller "Anarchy, the Market, and the State." (1988) p. 822)
In realtà anarchia significa semplicemente assenza di governo, di autorità (dal greco ἄν = negazione e ἄρχειν = governare), assenza che non giustifica automaticamente il corollario di maledizioni che ad essa si usa accostare. Gli istinti aggressivi dell'uomo hanno forse qualcosa a che fare con la presenza o meno di un'autorità, o anche l'autorità stessa, una volta conferita, possiede il magico potere di purificare l'uomo che ne è investito? La logica suggerirebbe il contrario: è certamente un grosso incentivo all'aggressione il possedere un certo grado di impunità, l'essere considerato in qualche modo “superiore” al resto dell'umanità. È il paradosso ben evidenziato da Rothbard:
Supponiamo, per esempio, di essere tutti improvvisamente caduti giù sulla terra de novo e di esserci quindi tutti confrontati con il problema di quali disposizioni sociali da adottare. E supponiamo allora che qualcuno abbia suggerito: "Siamo tutti destinati a soffrire a causa di quelli tra noi che desiderano aggredire il loro prossimo. Allora risolviamo questo problema del crimine consegnando tutte le nostre armi alla famiglia Jones, là, assegnando tutto il nostro potere definitivo di risolvere le dispute a quella famiglia. In questo modo, con il loro monopolio di coercizione e di ultima risoluzione, la famiglia Jones potrà proteggerci tutti l'uno dall'altro." Penso che questa proposta otterrebbe ben pochi consensi, tranne forse dalla famiglia Jones stessa. Ma questa è precisamente l'usuale argomento per l'esistenza dello stato. Quando cominci dal punto zero, come nel caso della famiglia Jones, la domanda "chi controllerà i controllori?" si trasforma non soltanto in una permanente lacuna nella teoria dello stato ma in una insuperabile barriera per la sua esistenza.L'anarchia è una risposta alternativa alle esigenze di una comunità di uomini, fondata sull'assioma del diritto che ogni uomo ha di non essere aggredito da altri. Diritto questo indispensabile alla sopravvivenza dell'uomo stesso, poiché solo collaborando può riuscire ad imporsi su un ambiente ostile. In natura, infatti, un uomo solo è una preda, e anche molto ambita; grazie alla cooperazione è diventato specie dominante, rispettato e temuto dagli altri abitanti del pianeta. A questo proposito è bene puntualizzare che l'anarchia non teorizza la dissoluzione del concetto di leader, di guida – si tratta pur sempre di un elemento chiave della cooperazione – quanto la restituzione di tale concetto al suo giusto ambito, come esprime correttamente ancora Rothbard:
Se, allora, la diseguaglianza naturale di abilità e di interesse fra gli uomini deve rendere le elite inevitabili, l'unico percorso ragionevole è abbandonare la chimera di uguaglianza e accettare la necessità universale dei capi e dei seguaci. Il compito del libertario, la persona dedicata all'idea della società libera, non è di opporsi alle elite che, come l'esigenza della libertà, fluiscono direttamente dalla natura dell'uomo. L'obiettivo del libertario è piuttosto di stabilire una società libera, una società in cui ogni uomo è libero trovare il suo livello migliore. In tale società libera, ognuno sarà "uguale" soltanto nella libertà, mentre vario e diseguale sotto tutti gli altri aspetti. In questa società le elite, come chiunque altro, saranno libere di alzarsi al loro livello migliore. Nella terminologia di Jefferson, scopriremo le "aristocrazie naturali" che raggiungeranno l'eccellenza e la leadership in ogni campo. Il punto è di permettere la crescita di queste aristocrazie naturali, ma non la legge delle "aristocrazie artificiali" – coloro che comandano per mezzo della coercizione. Gli aristocratici artificiali, gli oligarchi coercitivi, sono gli uomini che salgono al potere invadendo le libertà dei loro compagni uomini, negando loro la libertà. Al contrario, gli aristocratici naturali vivono in libertà ed armonia con il prossimo e crescono esercitando la loro individualità e le loro più alte abilità al servizio dei loro compagni, in un'organizzazione o producendo efficientemente per i consumatori. Infatti, gli oligarchi coercitivi giungono invariabilmente al potere sopprimendo le elite naturali, e con loro altri uomini; i due generi di leadership sono antitetici.Non è quindi un'uguaglianza assoluta – dogma tipicamente statalista: ne sono esentate ovviamente le “autorità”, che sono “più uguali degli altri” – quella che si prospetta in un'eventuale società anarchica, ma una parità di diritti che allo stato attuale è clamorosamente scomparsa a causa della proliferazione di diritti positivi assegnati d'autorità a lobby e minoranze assortite in cambio di sostegno o finanziamenti.
Ciò che auspica invece chi sostiene l'idea anarchica è innanzitutto una società più giusta, meritocratica, dove le possibilità di ciascuno di vivere e cercare di costruire la propria felicità non siano decise a priori da altri, senza il consenso del diretto interessato, ed a prescindere dalle sue azioni. In breve, tutto ciò che è negato dalla presenza dello stato, e dalla sua degenerata versione dell'autorità: non come riconosciuta dagli altri in base al proprio effettivo valore per la comunità, ma assegnata d'ufficio, con il sottile velo delle elezioni a sancirne una legittimità che non esiste nei fatti.
Sono d'accordo su tutto, ma credo sia impossibile non votare per cercare l'anarchia perchè fino a che il 100% delle persone non sappiamo veramente bene cose nascerebbe solo il caos, insomma, ci vorrebbe un lungo periodo di miglioramenti, e uno di questi è l'avere al governo persone che magari permettano anche a queste idee di andare nei maggiori organi d'informazione
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ReplyDeleteScusa, chi è Dennis C. Mueller?
ReplyDeleteProfessore di economia all'Università di Vienna.
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