Monday, November 12, 2007

Uccidere

Non sono un grande fan di Ernest Hemingway, è indubbia però la sua capacità di tratteggiare con grande efficacia ritratti di personaggi dalla struggente umanità. Come nel caso del vecchio Anselmo di “Per chi suona la campana,” che con la sua semplicità di contadino spagnolo rivela una sorprendente statura morale.

Godetevi questo suo dialogo con il protagonista, nello stile essenziale e inconfondibile di Hemingway.

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«Abbiamo un'aviazione formidabile» disse soddisfatto Anselmo.
«Sì.»
«E vinceremo.»
«Dobbiamo vincere.»
«Sì. E quando avremo vinto, tu devi venire a caccia.»
«A caccia di che cosa?»
«Cinghiali, orsi, stambecchi...»
«Ti piace andare a caccia?»
«Sì, hombre. Più di qualsiasi altra cosa. Nel mio villaggio siamo tutti cacciatori. E a te piace la caccia?»
«No» disse Robert Jordan. «Non ammazzo volentieri gli animali.»
«Per me è il contrario» disse il vecchio. «Io non ammazzo volentieri gli uomini.»
«Nessuno lo fa volentieri, a meno che non sia un pazzo» disse Robert Jordan. «Ma se è proprio necessario, io non ho niente in contrario. Se è per la causa.»
«La caccia è un'altra cosa» disse Anselmo. «A casa mia, quando avevo ancora una casa, ora non l'ho più, c'erano le zanne dei cinghiali che avevo ucciso nel sottobosco. C'erano anche le pelli dei lupi che avevo uccisi l'inverno inseguendoli nella neve. Uno, grosso più degli altri, l'ammazzai al tramonto, alle porte del villaggio, una sera di novembre, mentre rincasavo. Sul pavimento della mia casa c'erano quattro pelli di lupo: a furia di camminarci sopra si erano logorate ma erano pelli di lupo. E c'erano le corna di uno stambecco che avevo ucciso su, nella sierra alta, e un'aquila che mi aveva preparato un imbalsamatore di Avila, con le ali aperte e gli occhi gialli e veri come quelli di un'aquila viva. Era bellissima. Provavo molto piacere a guardare tutte quelle cose.»
«Sì» disse Robert Jordan.
«Sulla porta della chiesa del mio villaggio era inchiodata la branca di un orso che avevo ucciso in primavera, nella neve, sul fianco di un monte, mentre con quella stessa branca lui faceva rotolare un tronco d'albero.»
«Quando è stato?»
«Sei anni fa. E ogni volta che vedevo quella branca che sembrava una mano d'uomo, ma con certi unghioni lunghi, quando la vedevo, secca e inchiodata sulla porta della chiesa, mi rallegravo molto.»
«Per orgoglio?»
«Sì, pensavo all'incontro con l'orso, su quella collina, in primavera. Ma quando si uccide un uomo, che è un uomo come noi, non ne rimane niente di buono.»
«Non se ne può inchiodare la branca sulla porta della chiesa» disse Robert Jordan.
«No. Una barbarie simile sarebbe inconcepibile. Eppure una mano d'uomo assomiglia molto ad una branca d'orso.»
«E il petto di un uomo è come il petto di un orso» disse Robert Jordan. Se togli la pelle all'orso, trovi anche molta somiglianza nella muscolatura.»
«Sì» disse Anselmo. «gli zingari credono che l'orso sia il fratello dell'uomo.»
«Anche gli indiani d'America» disse Robert Jordan. «E quando uccidono un orso, si scusano con lui e gli chiedono perdono.»
«Gli zingari credono che l'orso sia un fratello dell'uomo perché ha sotto la pelle lo stesso corpo, perché beve birra, perché ama la musica e perché balla volentieri.»
«Così credono anche gli indiani.»
«Allora gl'indiani sono zingari?»
«No. Ma credono le stesse cose riguardo all'orso.»
«Certo. Gli zingari credono anche che l'orso è un fratello, perché ruba per divertimento.»
«Tu hai sangue di zingari?»
«No. Ma ne ho conosciuti molti e, dopo il movimento, ancora di più. Per loro, uccidere fuori della tribù non è peccato. Lo negano, ma è vero.»
«Come i mori.»
«Già. Ma gli zingari hanno molte leggi che non vogliono ammettere di avere. Da quando c'è la guerra molti zingari sono diventati cattivi come nei tempi antichi.»
«Non capiscono perché si fa questa guerra. non sanno perché combattiamo.»
«No» disse Anselmo. «Sanno solo che ora c'è una guerra e si può uccidere di nuovo, come nei tempi antichi, senza essere puniti.»
«E tu, hai ucciso?» chiese Robert Jordan, nella confidenza del buio e della giornata passata insieme.
«Sì. Più di una volta. Ma senza piacere. Per me è un peccato uccidere un uomo. Perfino i fascisti, che abbiamo il dovere di uccidere. Per me c'è una grande differenza tra l'orso e l'uomo, e non credo alle stregonerie degli zingari sulla fraternità con gli animali. No: sono contrario ad ogni uccisione di uomini.»
«Eppure ne hai uccisi.»
«Sì. E ne ucciderò di nuovo. Ma se rimarrò vivo voglio cercar di vivere senza far male a nessuno, in modo da meritare il perdono.»
«Da chi?»
«E chi lo sa? Da quando non abbiamo più Dio e nemmeno suo Figlio, e nemmeno lo Spirito Santo, chi ci perdona? Io non lo so.»
«Tu non hai più Dio?»
«No, hombre. No, certo. Se ci fosse un Dio, non avrebbe permesso mai quello che ho visto con i miei occhi. Lasciamolo a quegli altri, Dio.»
«Quelli sostengono di averne il monopolio.»
«Evidentemente sento la mancanza di Dio perché sono stato educato religiosamente. Ma oggi un uomo deve rispondere a se stesso.»
Allora ti perdonerai da te stesso di aver ucciso?»
«Credo di sì.» disse Anselmo. «Visto che metti la cosa in tal modo, così nettamente, credo proprio che sia così. Ma con o senza Dio, sono convinto che è proprio peccato uccidere. Togliere la vita ad un altro, è per me una cosa molto seria. Lo faccio, se è proprio necessario, ma non appartengo alla razza di Pablo.»
«Per vincere la guerra dobbiamo uccidere i nostri nemici. È stato sempre così.»
«Certo. In guerra bisogna uccidere. Ma io ho delle idee molto strane» disse Anselmo.

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