Il numero di cittadini stranieri in Italia ammonta a 3.690.000 nel 2006. Questo ha rivelato il mese scorso il rapporto sull'immigrazione Caritas - Migrantes: un sostanzioso aumento rispetto al 2005 (+16,1%). Il presidente Napolitano ha prontamente commentato: «Senza immigrati il sistema Italia si bloccherebbe».
Ma come? Il sistema non doveva forse produrre una crescita generalizzata della ricchezza, della quale tutti avrebbero partecipato? Adesso invece viene fuori che, senza l'ingresso di milioni di nuovi contribuenti, il sistema va a puttane: diciamola tutta, caro (carissimo!) Napolitano, il cosiddetto sistema Italia non è altro che uno schema di Ponzi, una piramide che non crolla su se stessa solo se la base continua ad allargarsi all'infinito, arricchendo chi sta in cima e riservando le briciole a chi sta in fondo. Infatti la popolazione italiana tra il 2002 e il 2005 è cresciuta, ma solo grazie all'arrivo, in media, di 305 mila stranieri l'anno, visto che il saldo tra nascite e morti è stato di circa 15 mila l'anno in negativo.
Ecco allora che ogni trovata è buona per attirare nella “trappola Italia” un numero sempre crescente di fessi, senza troppo preoccuparsi delle possibili conseguenze negative a lungo termine. Ed ecco comparire nella finanziaria un "Fondo per l' inclusione sociale degli immigrati" da 50 milioni di euro l'anno, che sarà gestito dai ministeri della Solidarietà Sociale, delle Pari Opportunità, della Famiglia e della Salute. Sembrano pochi? Forse, ma si tratta solo della punta dell'iceberg. Basta una rapida ricerca sul sito di Lab Italia, creato nel 2001 per volontà di Italia Lavoro S.p.A., “agenzia tecnica” del Ministero del Welfare, per rendersi conto di quali e quanti siano gli incentivi al trasferimento in Italia, per “fare i lavori che gli italiani non vogliono fare,” primo fra tutti l'imprenditore. Per esempio a Roma:
Ma al tempo dei miei nonni l'emigrazione che piaceva a Napolitano era ancora solo quella dei carri sovietici in Ungheria.
Ma come? Il sistema non doveva forse produrre una crescita generalizzata della ricchezza, della quale tutti avrebbero partecipato? Adesso invece viene fuori che, senza l'ingresso di milioni di nuovi contribuenti, il sistema va a puttane: diciamola tutta, caro (carissimo!) Napolitano, il cosiddetto sistema Italia non è altro che uno schema di Ponzi, una piramide che non crolla su se stessa solo se la base continua ad allargarsi all'infinito, arricchendo chi sta in cima e riservando le briciole a chi sta in fondo. Infatti la popolazione italiana tra il 2002 e il 2005 è cresciuta, ma solo grazie all'arrivo, in media, di 305 mila stranieri l'anno, visto che il saldo tra nascite e morti è stato di circa 15 mila l'anno in negativo.
Ecco allora che ogni trovata è buona per attirare nella “trappola Italia” un numero sempre crescente di fessi, senza troppo preoccuparsi delle possibili conseguenze negative a lungo termine. Ed ecco comparire nella finanziaria un "Fondo per l' inclusione sociale degli immigrati" da 50 milioni di euro l'anno, che sarà gestito dai ministeri della Solidarietà Sociale, delle Pari Opportunità, della Famiglia e della Salute. Sembrano pochi? Forse, ma si tratta solo della punta dell'iceberg. Basta una rapida ricerca sul sito di Lab Italia, creato nel 2001 per volontà di Italia Lavoro S.p.A., “agenzia tecnica” del Ministero del Welfare, per rendersi conto di quali e quanti siano gli incentivi al trasferimento in Italia, per “fare i lavori che gli italiani non vogliono fare,” primo fra tutti l'imprenditore. Per esempio a Roma:
Il Centro di ascolto per stranieri della Caritas di Roma di via delle Zoccolette ha attivato uno sportello per la creazione d’impresa, rivolto agli immigrati che intendano avviare un’attività imprenditoriale. Il progetto è realizzato in collaborazione con l’assessorato alle Politiche del lavoro del comune di Roma ed è stato finanziato dal fondo per lo sviluppo dell’imprenditoria. I sussidi sono previsti per un massimo del 50% delle spese di avviamento dell’attività, tenendo conto sia degli investimenti che delle spese di gestione, per un importo non superiore ai 100 mila euro.O in Abruzzo:
Chedli Nasraoui, tunisino. Marcionita Do Vale Vieira, brasiliana. Refat Devolli, albanese. Sono gli ultimi cittadini extracomunitari, in ordine di tempo, ad aver beneficiato in Abruzzo dei finanziamenti attivati grazie al progetto ‘Pro-muoviti’, voluto dalla Cna regionale per favorire l'emersione del lavoro nero e facilitare la creazione di imprese artigiane regolari. Ora, grazie a tre finanziamenti per complessivi 29mila euro, potranno realizzare il sogno della propria vita: ovvero aprire una pizzeria d’asporto a Pescara, un laboratorio per la lavorazione del cartone nello stesso capoluogo adriatico, un'impresa edile ad Avezzano. A certificare il successo pure su scala nazionale dell’iniziativa è arrivato anche l'interessamento del Viminale e dei Consigli territoriali per l’immigrazione.Mentre a Parma ci si preoccupa degli alloggi:
Il progetto si rivolge ai lavoratori immigrati, con lavoro precario, che dopo un primo periodo di accoglienza abitativa presso i vari dormitori e centri di accoglienza d'emergenza, non avendo trovato un'indipendenza economica sufficiente, necessitano di un tempo ulteriore di accoglienza, per riuscire ad accedere al mercato degli affitti. Verrà attivato, per ciascun distretto, un intervento di alloggio collettivo per 8-10 persone gestito dalle associazioni di immigrati, che saranno responsabili nei confronti dei proprietari degli immobili, poiché intestatari dei contratti di locazione.Insomma, sarà pur vero che gli immigrati “ci arricchiscono con le loro culture,” ma mica a gratis: tutti questi fondi li paghiamo noi, con le tasse che – ci dicono – dovrebbero servire a garantire i servizi. E li garantiscono, ma a qualcun altro. È a questo che pensano tutti coloro che, maledicendo gli evasori, sostengono che le tasse vanno pagate? Sicuramente i laureati precari dei call-center saranno orgogliosi di aiutare gli ultimi arrivati ad avviare la loro piccola attività commerciale, e quando la sera, finito il loro turno di gratificante lavoro, tornano a casa da mamma e papà, troveranno le parole del papa a sollevarli nei rari momenti di sconforto:
Il cammino verso la vera accettazione degli immigranti nella loro diversità culturale, in effetti, è difficile, talvolta si presenta anzi come una vera via crucis. Questo però non deve scoraggiare nessuno dal perseguire la volontà di Dio. Egli infatti desidera attirare a sé tutti in Cristo, attraverso la strumentalità della Sua Chiesa, sacramento dell’unità di tutto il genere umanoUn amore obbligatorio, regolato dal ministero della solidarietà: è questo che Cristo chiedeva ai suoi fedeli? Lo so, lo so, non sono discorsi politicamente corretti. Ma, sapete, io me li posso permettere: sì, perché io stesso sono emigrato, e così i miei genitori ed i miei nonni, tutti salpati verso lidi lontani alla ricerca di una vita migliore, ogni volta partendo da zero e facendo affidamento solo sulle nostre forze e sulla nostra voglia di lavorare, senza attendersi – e senza ricevere – alcun trattamento di favore.
Talvolta questo cammino necessita di una parola profetica che indichi ciò che è sbagliato e incoraggi ciò che è giusto. Quando sorgono in effetti le tensioni, la credibilità della Chiesa, in relazione alla sua dottrina sul rispetto fondamentale dovuto a ogni persona, poggia sul coraggio morale dei Pastori e dei fedeli di «puntare tutto sull’amore».
Ma al tempo dei miei nonni l'emigrazione che piaceva a Napolitano era ancora solo quella dei carri sovietici in Ungheria.
Ciao Pax,
ReplyDeleteAdesso invece viene fuori che, senza l'ingresso di milioni di nuovi contribuenti, il sistema va a puttane
Penso che Napolitano non si riferisse agli immigrati in quanto contribuenti di cui lo stato ha bisogno per sopravvivere (anche se probabilmente è vero), ma in quanto forza lavoro.
Sulla storia dei lavori "che non vogliamo più fare", io a dire il vero ho sentito più di qualche piccolo imprenditore - ce ne sono un casino da queste parti - dire testualmente che senza manodopera straniera avrebbe chiuso.
carloooooo
Penso che Napolitano non si riferisse agli immigrati in quanto contribuenti di cui lo stato ha bisogno per sopravvivere (anche se probabilmente è vero), ma in quanto forza lavoro.
ReplyDeleteCerto, solo che inavvertitamente ha detto la verità. Forse che i disoccupati italiani non sono “forza lavoro”? Tutti bamboccioni?
Sulla storia dei lavori "che non vogliamo più fare", io a dire il vero ho sentito più di qualche piccolo imprenditore - ce ne sono un casino da queste parti - dire testualmente che senza manodopera straniera avrebbe chiuso.
Strano, vero?
Ehi, ma che è sta moda di essere sibillini?
ReplyDeleteOrsù Pax, spiega anche al buon Carlo cosa intendi dire con quelle laconiche parole!
carloooooo
Orsù Pax, spiega anche al buon Carlo cosa intendi
ReplyDeleteMa che è 'sta moda di aspettarsi spiegazioni dagli altri come se avessero firmato un contratto?
:-D
Google: Ernst & Young, governance, immigration.
La Scodelleria deve solo sperare che il mio hard disk sia sempre pieno di simpatici prodotti multimediali made in Japan, perché appena mi girano i cinque minuti andiamo a fare un bel ricamino sul culo di qualcuno, anche a proposito di "migrantes..."
ReplyDelete(...e potrebbe non essere un bello spettacolo...)
Oy!