Thursday, August 23, 2007

Quando lo Stato diventa falsario

Riporto un'ottimo pezzo di Marco Bollettino pubblicato da Luogocomune sulla truffa del fiat money, ovvero del denaro-carta straccia “garantito” dal corso legale, geniale invenzione dello stato alla base di tutte le maggiori crisi finanziarie. Consiglio a chi vorrebbe chiarirsi meglio le idee sull'argomento di seguire il link all'articolo originale e leggersi anche la discussione che ne è seguita, in cui il buon Marco dimostra tutto il suo talento didattico spiegando chiaramente e semplicemente i problemi provocati da tale sistema monetario.
___________________________

Di Marco Bollettino (Ashoka)


Spesso, quando si assiste ad un dibattito sul tema “signoraggio” viene proposto, come soluzione, di affidare allo Stato la stampa delle banconote, sull'esempio di quanto fatto da Abramo Lincoln nell'Ottocento, prima del suo assassinio.

Ma cosa è successo, nella storia, quando uno Stato si è stampato la sua cartamoneta a corso forzoso?

Basta una parola per descriverlo, ovvero “inflazione”.

Vediamone tre esempi, tra cui gli Stati Uniti di Abramo Lincoln.

La rivoluzione americana

Il comportamento dei neonati Stati Uniti d'America durante la guerra di indipendenza illustra perfettamente ciò che i governi sono tentati di fare quando possono emettere moneta a piacimento. Come fa notare (1) lo storico William Graham Sumner, mentre nel maggio del 1775 stava approntando i preparativi per la guerra contro la Gran Bretagna, il Congresso fu messo di fronte al dilemma di come finanziare e rifornire l'esercito che l'avrebbe combattuta.

L'idea di ricorrere alla tassazione dei cittadini delle ex-colonie non fu presa nemmeno in considerazione e si decise invece di ricorrere alla stampa di una moneta di carta, il Continental dollar, e di immetterla sul mercato, con la promessa di accettarlo in pagamento per eventuali tasse future.

Quello era anche il metodo scelto dal Congresso per “stabilizzare” la quantità di banconote in circolazione. Si chiedeva infatti ai singoli stati di ricorrere alla tassazione...

... per “ritirare dal mercato” quei certificati e dar modo così al Congresso di stamparne altri senza che questi si deprezzassero eccessivamente.

La cosa non funzionò.

Gli Stati, infatti, si guardarono bene dall'imporre nuove tasse (dopotutto erano una delle ragioni della guerra!) e così i certificati rimasero in circolazione, deprezzandosi nei confronti dei “dollari di metallo” ogni giorno di più. Vennero tentati provvedimenti “dirigisti” per cercare di mantenere artificialmente alto il potere d'acquisto del Continental: venne dichiarato “nemico del paese” chi rifiutava quelle banconote come pagamento oppure chi le accettava ma con sovrapprezzo rispetto alla moneta metallica, vennero istituiti dei calmieri dei prezzi ma ovviamente fu tutto inutile.

I prezzi continuarono a salire ed il tentativo di “controllare i prezzi dei beni” non fece altro che farli sparire dal mercato. Quel cibo però serviva per mantenere i soldati, pagati con i Continental, e vennero quindi fatte approvare apposite leggi che consentissero ai militari di confiscare ciò che serviva loro e “lasciare in garanzia” certificati di debito dello Stato.

In parallelo continuavano a circolare dollari metallici e quindi osservando il rapporto di cambio tra le banconote governative e le monete metalliche possiamo stimare l'inflazione monetaria.

Alla fine della guerra quel pezzo di carta emesso dallo Stato non valeva più nulla tanto che fu coniato il modo di dire “not worth a Continental” (non vale un Continental) per indicare un oggetto di scarsissimo valore. In tantissimi furono rovinati ma non tutti i contemporanei giudicarono l'operazione come un disastro. Per Benjamin Franklin, anzi, il Continental fu una “macchina meravigliosa” che pagò e tenne rifornito l'esercito, si pagò da solo attraverso il suo deprezzamento e funzionò come una tassa equa.

Per lo Stato, certamente, funzionò bene, ma per i cittadini americani?

La rivoluzione francese

A pochi anni di distanza, nel vecchio continente, si stava consumando la Grande Rivoluzione che ci ha tramandato i valori della libertà, uguaglianza e fraternità, accompagnati però dal Terrore di Stato e dalla moneta di carta straccia per eccellenza: l'assegnato.

Le necessità della macchina statale erano sempre le stesse: la Francia rivoluzionaria era assediata e bisognava difenderla, pagare i soldati e rifornirli. In più, questa volta, vi erano da finanziare grandiosi progetti pubblici e sussidi sul pane per tenere buono il burrascoso popolo parigino.

Si stamparono 400 milioni di assegnati nel 1790, poi altri 800, in un'escalation che portò, nel 1795, alla stampa di 33 miliardi di assegnati per coprire le spese statali. A quel punto l'assegnato aveva un potere d'acquisto che era solo più un seicentesimo di quello iniziale per cui si pensò di cambiare.

Si introdusse un'altra moneta, il mandato, che nominalmente valeva 30 assegnati, e si ripartì con la spinta inflazionistica: nel giro di pochi mesi, da febbraio ad agosto del 1796, la nuova moneta era già scesa al 3% del suo valore iniziale.

Ci pensò Napoleone Bonaparte a reinstaurare il sistema monetario metallico, intuendo che fosse più popolare e più saggio per lui depredare le nazioni conquistate invece dei suoi concittadini.

Lincoln, i Greenbacks e la guerra civile

Il campione indiscusso (con John Kennedy) dei sostenitori della moneta di Stato rimane però Abramo Lincoln con i suoi Greenbacks.

Anche qui, nulla di nuovo sotto il sole: una guerra (stavolta civile) da combattere e la necessità di integrare le maggiori entrate garantite dalle nuove tasse e tariffe imposte, con ulteriore liquidità senza ricorrere a prestiti che avrebbero avuto condizioni molto svantaggiose.

Invece di “andare per strada a chiedere prestiti,” tuonavano voci dai banchi del Congresso, “preferiamo affermare la dignità ed il potere del Governo di emettere le proprie banconote.” E così fu, dal febbraio 1862.

150 milioni di banconote di valore legale per il pagamento di tutti i debiti privati, delle tasse e per l'acquisto di terra e... di titoli di stato.

Le conseguenze furono quelle che ogni economista si aspetterebbe, portando alla scomparsa dalla circolazione delle monete metalliche, al deprezzamento dei Greenbacks e quindi, nel luglio dello stesso anno, ad una nuova emissione governativa: altri 150 milioni.

Alla fine della guerra erano stati stampati più di 400 milioni di Greenbacks ed il cambio con il dollaro (metallico) era sceso dalla parità al 39%.

Conclusioni

Ogni volta che il governo si è arrogato il potere di stampare cartamoneta a corso legale (e forzoso) si è assistito sempre a disastri inflazionistici il cui effetto netto è stato redistribuire il reddito da chi veniva aveva un salario fisso e veniva pagato in moneta deprezzata a chi invece era il beneficiario delle commesse statali o poteva effettuare vantaggiose speculazioni.

Siete ancora pronti ad affidare al governo la stampante?


(1) William Graham Sumner, The Financier and the Finances of the American Revolution, 2 vols. (1891; repr. New York: Burt Franklin, 1970)
___________________________

Sullo stesso argomento, dello stesso autore:


Bankestein revisited, dal baratto al baratro

Capitolo 1: La creazione della moneta

Capitolo 2: La moneta diventa "di stato"

Capitolo 3 Nascita del debito pubblico e fallimento dello Stato

2 comments:

  1. E questo è ancora più bello!
    Bravo!
    Investire in oro. Lasciare la moneta a marcire da sola.....

    ReplyDelete
  2. Giro i complimenti a Marco...

    :)

    ReplyDelete