Monday, August 20, 2007

Piccolo Glossario della Neolingua #6


Confusion over the meaning of this key word may seem strange. For liberty is not a new issue in the world. Presumably it has been a concern of mankind from the very dawn of his existence.

(F.A. Harper)
Il termine più importante, quello che che ad ogni uomo dovrebbe essere più caro perché esprime la sua vera natura, e che per questo è da sempre attaccato con ogni mezzo dal potere. Una parola che ormai non trova quasi più posto nella società, il cui significato in fondo così preciso è stato disperso in un uragano semantico che lo ha stravolto. Cerchiamo di ritrovarlo.
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Libertà
Significato originario:
1a l’essere libero, la condizione di chi è libero: vivere in l., avere la l. di dire, di fare, godere della l. di muoversi, dare, concedere la l. a qcn.
1b stato di chi non è prigioniero: rimettere i detenuti in l.
2 facoltà dell’uomo di agire e di pensare in piena autonomia: l. religiosa, di pensiero, di parola, di voto, di culto, di opinione, di espressione
3a estens., l’essere esente da legami, responsabilità, oneri: concedere poca, molta l. ai figli, essere geloso della propria l.
3b condizione di indipendenza da legami, spec. di carattere sentimentale: non si vuole sposare poiché tiene troppo alla sua l.
3c pausa: prendersi un giorno di l. dal lavoro
4 indipendenza di una comunità politica dalla dominazione straniera o da una dittatura interna, godendo di libere istituzioni: perdere, riconquistare la l., vincere, morire, lottare per la l.
5 mancanza di controllo nel comportamento o nel linguaggio: parlare, agire, esprimersi con l., con troppa l.
6 condizione di chi può agire nella vita pratica secondo le proprie scelte, grazie a un potere specifico riconosciutogli dalla legge: l. economica, di commercio, di scambio, d’insegnamento
7 stato selvatico o brado di animali: animali in l.
8 affrancamento, liberazione: l. dal bisogno, dalla paura
9 fig., affrancamento dell’anima dal peccato, da una schiavitù spirituale o dal corpo
10a filos., nella filosofia scolastica, capacità dell’uomo di determinare le proprie azioni scegliendo tra due o più alternative ugualmente possibili
10b filos., nell’idealismo, consapevole accettazione della necessità universale da parte del singolo individuo
11 dir., insieme di garanzie che regolano o vietano le costrizioni alle quali potrebbe essere costretto o impedito chi ne è titolare in qualsivoglia manifestazione o situazione della vita privata o sociale

Sgombriamo subito il campo dalla prima distorsione di significato: non esistono gradi di libertà. La libertà c'è o non c'è, o si è liberi o non lo si è. Da nessuna parte, tra le molte definizioni del vocabolo, troviamo il concetto di gradazione. Anche le proposizioni parlare, agire, esprimersi con troppa libertà, dove l'avverbio troppa indica in modo indefinito una quantità, sottintendono che ci sia una linea ben precisa di demarcazione oltre la quale questa libertà d'espressione non è più accettabile.

La definizione esatta di libertà è lo stato di chi non è prigioniero, e ha quindi la facoltà di agire e di pensare in piena autonomia. Le varie definizioni non sono che applicazioni di questo concetto basilare. Se un individuo non ha la possibilità di esercitare tale facoltà, possiamo tranquillamente affermare che si trova in una condizione di prigionia di qualche tipo (la prigionia infatti, a differenza della libertà, si può misurare per gradi).

Dal momento in cui ad un uomo viene imposta una qualsiasi azione, un pensiero, un comportamento, egli non è più libero: come in una prigione, deve obbedire anche contro la sua volontà. L'inganno dei gradi di libertà serve a mascherare questo dato di fatto, si può così affermare che un certo numero di regole possano venire imposte senza intaccare la libertà, o addirittura anche per favorirla, succede negli stati democratici così come in quelli comunisti.

La seconda distorsione è conseguente alla prima: stabilita l'esistenza di gradazioni di libertà, si diffonde il concetto che la libertà – la troppa libertà – può essere dannosa. Si sfrutta quindi un caso in cui l'uso del termine libertà definisce non tanto il termine in sé quanto un comportamento sociale scorretto (di solito la locuzione sta per: “esprimersi in modo eccessivamente volgare”), ovvero una frase idiomatica, come definizione principale. Tracciare una linea di demarcazione oltre la quale la libertà non può venir esercitata non è più visto come negazione della stessa e quindi forma di aggressione, ma come accessorio indispensabile al suo esercizio, mentre l'idea di libertà non limitata da norme arbitrarie – che, ripetiamolo, è l'unica vera libertà – viene caricata di significati negativi, trasformata in una mistura di spregiudicatezza, aggressività e indifferenza.

In realtà la libertà può essere limitata solo a seguito di una violazione del principio di non aggressione: è questo che rende possibile giudicare se la libertà è stata utilizzata per compiere azioni dannose per gli altri – e ovviamente, solo a posteriori – e se quindi quella dell'aggressore può essere a sua volta violata. Non si può che presumere che le azioni umane abbiano finalità positive finché non si palesano nella realtà, ne consegue che l'atto di limitare la libertà d'azione di un individuo sia da considerarsi esso stesso un'aggressione indebita, in quanto precedente ad una possibile azione dell'individuo in questione ai danni di altri. Tra l'altro, dal momento che nessuno può sapere in anticipo quando e se mai una persona dovesse decidere di aggredirne un'altra, se decidiamo di limitare la sua libertà come forma di protezione dovremmo impedirle qualsiasi movimento.

Come un serpente che si morde la coda, l'idea di limitare arbitrariamente la libertà contraddice se stessa, poiché si realizza con un'aggressione verso l'individuo mentre si giustifica con la necessità di proteggerlo da potenziali aggressioni alla sua libertà. È invece pieno diritto dell'individuo difendersi dall'atto aggressivo costituito dalla limitazione della propria libertà. Il problema della neolingua è proprio questo: a forza di trasformare le parole nel loro opposto queste finiscono per perdere le loro qualità di simboli coerenti utili a descrivere la realtà ed a comprenderla. E quando avremo perso queste capacità, il dogma sarà l'unica descrizione del reale possibile.

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