Tuesday, January 27, 2009

Il Grande Crimine #2

Di T. Hunt Tooley


Accelerati trasferimenti di proprietà privata allo stato

Rivolgiamo la nostra attenzione verso alcuni casi che ci danno modo di capire il processo di decivilizzazione – la “migrazione dal progresso” nelle parole di Wilfred Owen. Durante la guerra, la spesa pubblica fra i belligeranti aumentarono di un fattore medio di circa diciotto, i loro redditi dichiarati di un fattore di circa otto. [9] Gli indici del costo della vita raddoppiarono nei migliori dei casi ed quadruplicarono nel peggiore. I governi in tutti i paesi belligeranti intervennero nelle loro economie con controlli dei prezzi e razionamenti, e si affannarono per pagare i costi orrendi della carneficina. Nel far ciò, dovettero sviluppare nuove attitudini verso la proprietà privata, e quindi verso la vita privata stessa.

Walther Rathenau ci fornisce un importante caso di studio. Rathenau, il direttore della Azienda Elettrica Generale tedesca (AEG), lavorò come capo dell'Ufficio Tedesco dei Materiali Bellici a partire dai primi giorni della Prima Guerra Mondiale. Il suo ufficio usò l'autorità statale per spingere con la prepotenza le aziende alla fusione (aziende elettriche incluse), per confiscare le risorse necessarie, per intervenire piuttosto direttamente nelle operazioni di imprese grandi e piccole. Il suo compito, egli rivelò in un rapporto soltanto un anno dopo l'inizio della guerra, era stato scoraggiante, pricipalmente perché la Germania era molto attaccata a concetti antiquati come la norma di legge, o piuttosto la norma di leggi basate su proprietà e volontà privata, come quelle “difettose ed incomplete” leggi di proprietà in vigore dal tempo di Federico il Grande e da ancor prima. [10] Le “misure coercitive” che Rathenau amministrò facevano parte proprio della serie di cambiamenti che “con tutta probabilità sarebbero stati destinati a interessare i tempi futuri.” Effettivamente, Rathenau mostrò precisamente come il processo del cambiamento fu realizzato: per ridefinizione.
Al termine “sequestro” venne data una nuova interpretazione, piuttosto arbitrariamente, lo ammetto, ma sostenuta da determinati passaggi nella nostra legge marziale…. “Sequestro” [ora] non significa che le mercanzie o il materiale sono confiscati dallo stato, ma soltanto che sono limitati, ovvero, che il proprietario non può più disporne a sua volontà ma che devono essere riservati per uno scopo più importante…. Inizialmente molta gente trovò difficile adeguarsi alla nuova dottrina. [11]
Questo genere di ridefinizione ebbe luogo in tutti i paesi belligeranti durante e molto dopo la guerra, e non solo nei regimi totalitari uomini come Rathenau erano sempre pronti a procedere. Le ridefinizioni di parole come confisca e sequestro condussero ai regimi di assistenza sociale ridistribuzionalisti e paternalisti in Gran-Bretagna, in Francia e nell'America di FDR, così come ai governi fascisti e comunisti in Germania, in Italia ed in Russia.

Tali ridefinizioni erano già in corso prima della guerra, ma il tempo di guerra rappresentò l'adempimento. Questo fu in particolare il caso per gli agenti dello stato, e per coloro le cui fortune dipendevano dall'espansione dello stato moderno.

Un altro caso del tempo di guerra che potrebbe aiutarci a capire è l'aspetto relativo del trasferimento della ricchezza privata all'utilizzo dello stato. Esaminiamo l'inflazione del tempo di guerra. Le politiche inflazionistiche della maggior parte dei poteri belligeranti rappresentano, dopo tutto, un'estensione delle erosioni della proprietà privata recentemente ridefinite. Storicamente, l'inflazione è un classico gioco di saccheggio legale, più efficace delle tasse poiché il furto legalizzato è celato. Quindi, nel crescere a passi da gigante, nell'impiegare sempre più tirapiedi ai propri ordini – sia nelle forze militari che regolatrici – i governi della Prima Guerra Mondiale trasferivano corrispondentemente sempre più ricchezza del loro popolo allo stato.

Tutti i belligeranti nella Prima Guerra Mondiale “crearono” valuta o moneta stampandola o immaginandola sotto forma di credito. I pianificatori della Prima Guerra Mondiale aprirono anche la strada per ciò che potremmo chiamare la moderna “etica” dell'inflazione (celebrata da Keynes e più tardi dai tifosi della "curva di Phillips”) ignorando la natura non volontaria di questo trasferimento di ricchezza ed incoraggiando le vittime di questi trasferimenti a considerarli come atti di patriottismo. Il capo della banca centrale tedesca disse al consiglio della banca fin dal 25 settembre 1914, che il migliore modo per coprire i prossimi enormi costi della guerra sarebbe stato “un appello ad un intero popolo,” un appello “a valori etici e non soltanto al profitto personale.” [12]

Dopo il 1918, i governi tesero a recedere in qualche misura dalla più estrema tassazione del tempo di guerra, ma i trasferimenti di proprietà privata verso gli stati continuarono sotto forma d'inflazione. Anche negli Stati Uniti del periodo del dopoguerra, quando non ci fu tecnicamente una grande crescita della quantità di moneta in sé, ci fu un'espansione del credito notevolissima alimentata dal governo federale e promossa dalla Riserva Federale, come Murray Rothbard ha dimostrato molti anni fa nel suo libro America's Great Depression. In generale gli economisti austriaci, da Mises e da Bresciani-Turroni in poi, hanno mostrato abbastanza chiaramente che gli anni 20 rappresentarono una bolla altamente inflazionistica il cui scoppio innescò la Grande Depressione. [13]

Se aggiungiamo a questa “tassa dell'inflazione” nascosta il fatto che l'alta tassazione del tempo di guerra aumentò le tasse di un fattore da tre in su, è chiaro che lo stato oltrepassò una soglia durante la Prima Guerra Mondiale, una soglia ad un trasferimento molto, molto più alto di ricchezza privata verso lo stato. Durante il periodo del dopoguerra, i livelli si ridussero in qualche misura, ma in generale, il terreno era stato preparato per un aumento continuo di tali trasferimenti fino alla fine del ventesimo secolo e oltre.

Sto suggerendo qui che un grande costo della guerra sia stato la degradazione dell'autonomia degli individui e delle famiglie in relazione alla loro proprietà. Potrei aggiungere che le enormi e appariscenti fortune del ventesimo secolo non sono la proprietà privata che ho in mente principalmente, poiché molte di quelle fortune sono basate su associazioni monopolistiche fra i grandi centri di ricchezza ed i governi – l'anima dell'attività speculativa, dello spremere i produttori. Ciò che ho in mente è la giustizia di possedere le cose per cui si ha lavorato, la giustizia inerente in quella meravigliosa facoltà della condizione umana di lavorare duro, programmare e risparmiare per sopravvivere, dare e consumare nei modi scelti dall'individuo e dalla famiglia – in contrasto con l'aggressiva tendenza dello stato a prendersi dei pezzi sempre più grandi.
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Note


[9] Randall Gray with Christopher Argyle, Chronicle of the First World War, 2 vols. (Oxford, New York: Facts on File, 1991), 2: 293.

[10] Federico il Grande, nonostante tutte le sue imprese economiche stataliste, tentò in effetti di mescolare l'antico rispetto prussiano per la legge con il rispetto per l'individuo dell'Illuminismo. La circolazione della storia del “mugnaio di Sans Souci” – una storia in cui il mugnaio si leva di fronte al giovane re indicando il potere della legge – dimostra qualcosa di questa devozione, che la storia sia apocrifa o meno. Il riferimento del Rathenau a Federico il Grande qui è abbastanza specifico.

[11] Vedi “Address of Walther Rathenau on Germany's Provision for Raw Materials,” 20 dicembre 1915, pubblicato in Ralph H. Lutz (ed.), The Fall of the German Empire, 1914–1918 (Stanford, 1932), 2: 77–90 (Hoover War Library Publications, No. 2).

[12] Gerald Feldman, The Great Disorder, 864.

[13] Sul fronte europeo, vedi particolarmente Constantino Bresciani-Turroni, The Economics of Inflation: A Study of Currency Depreciation in Postwar Germany (Northampton, UK: John Dickens & Co. Ltd., 1968 [1937]): 405–57; e Hans F. Sennholz, The Age of Inflation (Boston: Western Islands, 1979). Sul fronte americano, vedi Murray N. Rothbard, The Case Against the Fed (Auburn, AL: Ludwig von Mises Institute, 1994): 118–30; e American's Great Depression, 5th ed. (Auburn, AL: Ludwig von Mises Institute, 2000): 86–179.
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Link alla prima parte.
Link alla terza parte.

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