Sunday, July 19, 2009
Wednesday, July 15, 2009
Tuesday, July 14, 2009
Monday, July 13, 2009
Sunday, July 12, 2009
Saturday, July 11, 2009
Il McNamaranismo è vivo e vegeto
Nei giorni scorsi Robert McNamara, all'età di 93 anni, ha finalmente e serenamente lasciato questo mondo, dopo aver contribuito a colmarlo di morte e sofferenza inaudite. Molti non ne ricorderanno neanche il nome, ma sulla sua coscienza di segretario della difesa al tempo del Vietnam pesano le morti di centinaia di migliaia di innocenti, un fiume di sangue che scorre ancora oggi.
Dedicargli un “coccodrillo” è quindi doveroso, ed ho scelto questo di Karen Kwiatowsky, un colonnello dell'aviazione USA in pensione che scrive di difesa con una prospettiva libertaria per MilitaryWeek.com.
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Di Karen Kwiatkowski
L'omaggio del cronista Bob Herbert a Robert McNamara in occasione del suo pacifico trapasso all'età di 93 anni cade a proposito. Herbert nella metà degli anni 60 era un coscritto. Lui e i suoi cugini furono spediti nell'Asia sud-orientale a combattere una guerra basata su menzogne che, l'abbiamo appreso più tardi, nessuno aveva voluto e della quale nessuno aveva bisogno.
I ragazzi coscritti negli anni 60 e 70 per servire in Vietnam avevano un vantaggio sui soldati di oggi, nella loro capacità morale ed intellettuale di affrontare l'essere mandati ad uccidere in nome di Washington. La maggior parte di loro non aveva chiesto di andare e non capiva perché stava là. Erano degli strumenti, ma per la maggior parte erano strumenti onesti. Le alternative ai lavori forzati patriottici in uniforme nell'era della coscrizione erano minime.
Anche i politici della razza di McNamara avevano una giustificazione morale ed intellettuale. Per LBJ la “guerra” in Vietnam era un programma per l'occupazione e l'assistenza sociale. Occupazione per tenere lontani i falchi della difesa mentre lui ed il congresso perseguivano un'orgia di spesa senza precedenti. Usciti dagli anni 50 con redditi federali e statali che fluivano abbondanti, sembrava che ci fossero risorse a sufficienza sia per la guerra che per lo stato sociale. Quella in Vietnam è stata e rimane una buona guerra agli occhi degli statalisti.
Sospetto che tale contorta e attorcigliata macro-logica abbia aiutato i tipi come McNamara a rimanere sani di mente, anche se avessero riflettuto più tardi su cosa significhi essere responsabili dell'uccisione di 30 o 40mila giovani americani e di forse due milioni di vietnamiti durante il suo mandato di Segretario della Difesa.
Giustificare un tale numero di morti è probabilmente più facile del vivere con il ricordo di una singola vittima in un incidente che avreste potuto evitare. Sospetto che molti americani impiegati dallo stato soffrano di più per aver travolto un gattino o un cucciolo nella loro strada privata mentre vanno a lavorare che per le morti di migliaia, caduti perché hanno mentito, nascosto la verità, fatto ciò che è stato detto loro piuttosto che ciò che sapevano essere morale.
Oggi le guerre sono in un luogo differente, tuttavia le giustificazioni in stile McNamara, gli occultamenti e la falsità morale ancora prevalgono trionfanti.
Invece di impedire un effetto domino comunista sul fronte asiatico, Bush/Clinton/Bush e Obama hanno “impedito” a repubbliche indipendenti, islamiche e secolari, di commerciare le liberamente loro risorse e risolvere i loro problemi interni. Agli americani piace pensare che non tollererebbero mai questo tipo di trattamento da parte di un esercito straniero e del suo corpo diplomatico. Possiamo solo pregare, come deve aver fatto McNamara, che il karma non esista.
Washington continua con queste aggressive interferenze con paesi più piccoli come ha fatto per una dozzina di decenni – con la pressione economica, sia con regali che con sanzioni, con le minacce militari e le tentate occupazioni militari. Molti direbbero che le nostre politiche di oggi verso l'Iraq, l'Afghanistan, il Pakistan e l'Iran non sono affatto la stessa cosa delle nostre politiche verso il Vietnam, il Laos, la Cambogia e la Cina negli anni 50 e 60. Le persone che pensano non possono essere d'accordo. Lo schema è lo stesso e dobbiamo tenerne conto.
Oh, ma l'escalation comunista nei 60 era una cosa e il fondamentalismo islamico, il controllo del petrolio e la sicurezza di Israele oggi sono totalmente differenti! Per l'americano medio che non riconosce il comunismo nemmeno quando ce l'ha di fronte, non sa nulla di fondamentalismo e musulmani, non capisce i mercati globali del petrolio e finanziari ed ha dimenticato che Israele è il paese pro capite più ricco del Medio Oriente e l'unico con 400 armi nucleari pronte all'uso – fidatevi, è la stessa maledetta cosa, con lo stesso flusso costante di notizie-rifiuto all'estremità del catetere del potere statale.
Lasciamo da parte per un momento il modo ipocrita e omicida con cui attualmente ci occupiamo del Medio Oriente, una politica formale di minacce, interferenza militare e politica e mancanza di umanità. Per gli americani, questo è pricipalmente un problema politico. Sappiamo che i politici sono ignoranti e venali, inutili mendicanti di soldi e potere. I nostri politici ed i loro nominati, stile McNamara, uccidendo e distruggendo l'infrastruttura produttiva in altri paesi, ci forniscono posti di lavoro, e che saranno mai poche morti di altrimenti inoccupabili volontari dell'esercito?
McNamara vive nei nostri cuori. Se vi è piaciuto questo statista intellettuale e la sua morte comoda e pulita, non leggete oltre. Questa è la sua eredità e siamo noi.
Sono qui seduta ed ascolto William Shatner che chiede notizie su Raw Nerve di Jon Voigt. A quanto pare, sia Voigt che Shatner hanno scoperto che i soldati ed i marines volontari in Iraq e presumibilmente i loro comandanti ed i loro capi, sono dei puri – Voigt ha detto che hanno una “specie di purezza” e che sono “migliori della sua generazione” che non voleva andare in Vietnam. Questi patrioti amano ciò che stanno facendo in Iraq e in Afghanistan. Quanto è dolce servire amorevolmente lo stato, costruire scuole mentre se ne uccidono metaforicamente e letteralmente gli scolari indisciplinati.
Perché Robert McNamara abbia vissuto fino a 93 anni non lo possiamo sapere. Ebbe dei ripensamenti, ma le sue esternazioni, in ritardo di decenni, sulle menzogne e l'immoralità di Washington e del Pentagono hanno soltanto infuriato coloro che odiarono la guerra, così come coloro che credettero nell'impero.
Ma addolorarsi del suo trapasso non è necessario. Non abbiamo imparato una sola cosa dalla sua vita e dai suoi crimini. Continuiamo a fidarci per le nostre guerre d'oltremare e per le nostre anima patriottiche di intellettuali statalisti dalle mani morbide, benvestiti, e di politici dal cuore tenero, legati alle lobby della democrazia, dell'industria nazionale, degli interessi esteri, dell'impero.
Ci fidiamo di loro e mandiamo al massacro i nostri figli inoccupabili e mal istruiti, per il loro bene. Per renderli forti e puri. Per infondere in loro obbedienza cieca agli intellettuali eleganti. Per addestrarli secondo il sistema di contatori di fagioli professionisti e politici che non sanno contare.
Fino a che il popolo non volterà completamente le spalle allo stato ed al suo amato impero, siamo tutti McNamaristi.
Friday, July 10, 2009
Thursday, July 9, 2009
Cosa cambia e cosa no
Nel clima un po' vacanziero del Gongoro Summer Edition, e mentre i grandi del mondo sfidano il terremoto per decidere delle nostra sorte, mi è parso opportuno postare questo breve articolo (originalmente pubblicato nel 1962 su The Freeman) in cui Rothbard si lancia in un'accorata difesa dell'individuo di fronte al potere uniformante del collettivismo, come antidoto all'ipnotico fiume di parole vuote che la Casta al potere riversa su di noi nel vano tentativo di convincerci che la situazione sia sotto il loro controllo.
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Di Murray N. Rothbard
“Figuriamoci, voi vorreste farci tornare alle carrozze a cavalli.”
La fallacia di base di questo fin troppo comune cliché sta nel confondere la tecnologia con altri aspetti della vita umana come la morale ed i principi politici. Nei secoli, la tecnologia tende a progredire: dalla prima ruota alla carrozza a cavalli alla ferrovia all'aereo a reazione. Osservando questo drammatico ed innegabile progresso, è facile che gli uomini commettano l'errore di credere che tutti gli altri aspetti della società siano in qualche modo legati alle condizioni della tecnologia in ciascuna era storica, e siano da essa determinate.
Ogni progresso nella tecnologia, allora, apparentemente richiede un certo tipo di cambiamento in tutti gli altri valori ed istituzioni dell'uomo. La costituzione degli Stati Uniti fu compilata, senza dubbio, durante l'era delle “carrozze a cavalli.” Questo significa forse che l'era delle ferrovie richiedeva un certo cambiamento radicale in quella costituzione e che l'era dei jet richiede qualcos'altro? Mentre guardiamo alla nostra storia, scopriamo che dal 1776 la nostra tecnologia sta progredendo, e che anche il ruolo del governo nell'economia, ed in tutta la società, è cresciuto velocemente. Questo cliché assume semplicemente che la crescita del governo sia richiesta dal progresso della tecnologia.
Se riflettiamo su questa idea, i difetti e gli errori saltano agli occhi. Perché un aumento nella tecnologia dovrebbe richiedere un cambiamento nella costituzione, nella nostra morale o nei nostri valori? Che cambiamento morale o politico ci obbliga ad adottare l'apparizione di un jet?
Non c'è alcun bisogno che la morale o la filosofia politica si modifichino ogni volta che la tecnologia migliora. Le relazioni fondamentali tra gli uomini – la loro necessità di unire il loro lavoro alle risorse per produrre beni di consumo, il loro desiderio di socialità, il loro bisogno di proprietà privata, per menzionarne solo alcune - sono sempre le stesse, in tutte le epoche. Gli insegnamenti di Gesù non sono applicabili solo al tempo dei carri coi buoi nella Palestina del primo secolo, né l'invenzione della puleggia ha reso in qualche modo “obsoleti” i Dieci Comandamenti.
La tecnologia può progredire nei secoli, ma la moralità delle azioni umane non è per questo garantita; in realtà può regredire facilmente e velocemente. Non servono secoli perché gli uomini imparino a saccheggiare e ad uccidersi l'un l'altro, o ad arrogarsi il potere coercitivo sui loro compagni. Ci sono sempre degli uomini che vogliono agire in tal modo. Tecnologicamente, la storia è effettivamente una storia di progresso; ma moralmente, è una lotta imprevedibile ed eterna fra morale ed immorale, fra libertà e coercizione.
Non esiste strumento tecnico specifico che possa in qualche modo determinare dei principi morali, anzi, la verità è agli antipodi: per far sì che anche la tecnologia possa progredire, gli uomini hanno bisogno di almeno una briciola di libertà per sperimentare, cercare la verità, scoprire e sviluppare le idee creative dell'individuo. E ricordate, ogni nuova idea proviene necessariamente da un singolo individuo. La libertà è necessaria per il progresso tecnologico; e quando la libertà è perduta, la tecnologia stessa decade e la società viene risucchiata indietro, come negli Anni Bui, dalla virtuale barbarie.
Il simpatico cliché cerca di legare la libertà ed il governo limitato alla carrozza a cavalli; il socialismo e lo stato sociale, esso implica subdolamente, sono fatti su misura per i requisiti dei jet e dei set televisivi. Ma al contrario, sono la pianificazione di stato e socialista ad essere antiche di molti secoli, dai selvaggi dispotismi orientali degli antichi imperi al regime totalitario degli Incas. La libertà e la morale hanno dovuto aprirsi lentamente la strada per molti secoli, finché l'espansione della libertà ha infine reso possibile il grande progresso tecnologico della Rivoluzione Industriale e la fioritura del capitalismo moderno.
La reversione in questo secolo ad uno statalismo sempre più esteso minaccia di sprofondarci nuovamente nella barbarie dell'antico passato. Gli statalisti si definiscono sempre come “progressisti,” ed i libertari come “reazionari.” Queste etichette nascono proprio dal cliché che abbiamo qui esaminato. Questa discussione sul “determinismo tecnologico” per lo statalismo cominciò con Karl Marx e venne continuata da Thorstein Veblen e dai loro numerosi seguaci – i veri reazionari del nostro tempo.
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Di Murray N. Rothbard
“Figuriamoci, voi vorreste farci tornare alle carrozze a cavalli.”
La fallacia di base di questo fin troppo comune cliché sta nel confondere la tecnologia con altri aspetti della vita umana come la morale ed i principi politici. Nei secoli, la tecnologia tende a progredire: dalla prima ruota alla carrozza a cavalli alla ferrovia all'aereo a reazione. Osservando questo drammatico ed innegabile progresso, è facile che gli uomini commettano l'errore di credere che tutti gli altri aspetti della società siano in qualche modo legati alle condizioni della tecnologia in ciascuna era storica, e siano da essa determinate.
Ogni progresso nella tecnologia, allora, apparentemente richiede un certo tipo di cambiamento in tutti gli altri valori ed istituzioni dell'uomo. La costituzione degli Stati Uniti fu compilata, senza dubbio, durante l'era delle “carrozze a cavalli.” Questo significa forse che l'era delle ferrovie richiedeva un certo cambiamento radicale in quella costituzione e che l'era dei jet richiede qualcos'altro? Mentre guardiamo alla nostra storia, scopriamo che dal 1776 la nostra tecnologia sta progredendo, e che anche il ruolo del governo nell'economia, ed in tutta la società, è cresciuto velocemente. Questo cliché assume semplicemente che la crescita del governo sia richiesta dal progresso della tecnologia.
Se riflettiamo su questa idea, i difetti e gli errori saltano agli occhi. Perché un aumento nella tecnologia dovrebbe richiedere un cambiamento nella costituzione, nella nostra morale o nei nostri valori? Che cambiamento morale o politico ci obbliga ad adottare l'apparizione di un jet?
Non c'è alcun bisogno che la morale o la filosofia politica si modifichino ogni volta che la tecnologia migliora. Le relazioni fondamentali tra gli uomini – la loro necessità di unire il loro lavoro alle risorse per produrre beni di consumo, il loro desiderio di socialità, il loro bisogno di proprietà privata, per menzionarne solo alcune - sono sempre le stesse, in tutte le epoche. Gli insegnamenti di Gesù non sono applicabili solo al tempo dei carri coi buoi nella Palestina del primo secolo, né l'invenzione della puleggia ha reso in qualche modo “obsoleti” i Dieci Comandamenti.
La tecnologia può progredire nei secoli, ma la moralità delle azioni umane non è per questo garantita; in realtà può regredire facilmente e velocemente. Non servono secoli perché gli uomini imparino a saccheggiare e ad uccidersi l'un l'altro, o ad arrogarsi il potere coercitivo sui loro compagni. Ci sono sempre degli uomini che vogliono agire in tal modo. Tecnologicamente, la storia è effettivamente una storia di progresso; ma moralmente, è una lotta imprevedibile ed eterna fra morale ed immorale, fra libertà e coercizione.
Non esiste strumento tecnico specifico che possa in qualche modo determinare dei principi morali, anzi, la verità è agli antipodi: per far sì che anche la tecnologia possa progredire, gli uomini hanno bisogno di almeno una briciola di libertà per sperimentare, cercare la verità, scoprire e sviluppare le idee creative dell'individuo. E ricordate, ogni nuova idea proviene necessariamente da un singolo individuo. La libertà è necessaria per il progresso tecnologico; e quando la libertà è perduta, la tecnologia stessa decade e la società viene risucchiata indietro, come negli Anni Bui, dalla virtuale barbarie.
Il simpatico cliché cerca di legare la libertà ed il governo limitato alla carrozza a cavalli; il socialismo e lo stato sociale, esso implica subdolamente, sono fatti su misura per i requisiti dei jet e dei set televisivi. Ma al contrario, sono la pianificazione di stato e socialista ad essere antiche di molti secoli, dai selvaggi dispotismi orientali degli antichi imperi al regime totalitario degli Incas. La libertà e la morale hanno dovuto aprirsi lentamente la strada per molti secoli, finché l'espansione della libertà ha infine reso possibile il grande progresso tecnologico della Rivoluzione Industriale e la fioritura del capitalismo moderno.
La reversione in questo secolo ad uno statalismo sempre più esteso minaccia di sprofondarci nuovamente nella barbarie dell'antico passato. Gli statalisti si definiscono sempre come “progressisti,” ed i libertari come “reazionari.” Queste etichette nascono proprio dal cliché che abbiamo qui esaminato. Questa discussione sul “determinismo tecnologico” per lo statalismo cominciò con Karl Marx e venne continuata da Thorstein Veblen e dai loro numerosi seguaci – i veri reazionari del nostro tempo.
Monday, July 6, 2009
Sunday, July 5, 2009
27 Giugno: Ustica
Dopo un lungo silenzio, forse causato da alcuni disturbi alle comunicazioni dovuti alla persistente assenza di macchie solari, è finalmente arrivato un nuovo dispaccio telepatico da Laputa, un dispaccio in cui il nostro fidato corrispondente dall'isola volante racconta di un triste evento nella storia della nostra penisola che ha cambiato la sua vita.
Da quelle parti, sapete, nulla è più doloroso di un volo spezzato: è la negazione di tutto ciò che Laputa è.
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Di Giovanni Pesce
L’accidente di Ustica ha segnato, nella mia vita, un momento di passaggio fondamentale; prima di questo evento pensavo che lo Stato fosse la massima espressione della collettività; le azioni dello Stato erano per me paragonabili a quelle del Padre di Famiglia, quello che manda avanti le cose in qualunque condizione con il solo pensiero del bene comune.
Ma in quella terribile notte avvenne qualcosa di terribile e ancora più terribile fu quello che avvenne dopo: lo Stato negò sé stesso, non permise alcun accertamento efficace di cosa fosse avvenuto e lasciò la vicenda ammantata da un velo di amarezza.
Da allora, ogni sera ho pensato a ciò che poteva essere accaduto; ho tentato mille e mille combinazioni aviatorie, militari e politiche ma tutte avevano un difetto tale da non essere completamente accettabili.
A casa mia, anni fa, era usuale che dopo i pasti si discutesse di incidenti aerei, esattamente come in altre famiglie si parlava di calcio o di ciclismo; da noi le frasi più ricorrenti erano “si è dimenticati i flap” o “il rubinetto del carburante era su off” o “stallo della semiala destra” e le persone coinvolte erano il vicino di casa o quel pilota che era stato da noi la domenica precedente e così via.
Nonostante avessi un certo allenamento sugli incidenti aerei, su Ustica non riuscivo a trovare una soluzione.
L’unica informazione supplementare che ho avuto è stata “l’aereo era stato comprato di seconda mano da una compagnia del Pacifico e trasportando pesce sotto sale aveva avuto un degrado strutturale.” Informazione brutta e depistante.
Ho letto, quindi, quasi tutto quello che è stato scritto sull’argomento, senza trovare molta soddisfazione; ho però capito come si muovono in queste circostanze, gli attori della vicenda, all’interno del copione da rispettare.
Ho visto nomi comuni ad altre circostanze come l’ 11 Settembre ed il caso Moro e così ho capito come funziona veramente lo Stato.
Non “lo Stato italiano” o di un altro paese ma “Lo Stato” quello privo di ogni bandiera ed ogni territorio.
Lo Stato non è quel buon Padre di Famiglia che pensavo, bensì è un baluardo per tenere lontane le masse dall’organizzazione della vita.
Lo Stato è un metodo di giustificazione di imposizioni altrui sulle proprie vite.
Ho capito solo dopo venticinque anni, come sia andate le cose:; è una vicenda a mio parere molto complessa dove ci sono molti piani operativi legati tra di loro:
1) Un gruppo di persone aveva come compito quello di creare platealmente un “punto di tensione” caldo da riutilizzare dopo come giustificazione di un’azione di ritorsione;
2) Un altro gruppo aveva il compito di muoversi sul piano militare, compiendo l’azione di abbattimento;
3) Ai radaristi restava il compito di “non vedere” “non sentire” “non parlare” e soprattutto “non ricordare”;
4) Ad altri era affidato il compito di depistamento, raccontando mezze verità;
5) Un altro gruppo aveva il compito di insabbiamento delle inchieste.
Questa associazione di gruppi indipendenti ma coordinati tra loro si chiama Stato.
Saturday, July 4, 2009
Premio Caligola - Giugno '09: polizia veronese!
Questa volta la consegna del Premio Caligola - Il potere gli ha dato alla testa avviene con un po' di ritardo, per problemi logistici, ma poco male, perché stiamo parlando di una delle edizioni del concorso più appassionanti e combattute, conclusasi con la vittoria dell'outsider, la polizia di Verona, e la disfatta di uno dei favoriti, l'Imperat. Gr. Figl. di Putt. Obama I, che ha pagato la sua per ora ancora scarsa esperienza raccogliendo un misero 7%. Che fosse questo il “test” di cui parlava Biden? Chissà, nel frattempo, per rimediare alla sconfitta, il presidente pacifista ha pensato bene di lanciare in Afghanistan una delle più grandi operazioni di terra della storia.
Ma lasciamo Obama al suo Risiko, e occupiamoci piuttosto dei trionfatori, i baldi agenti di Verona, che senza alcun timore reverenziale hanno affrontato a viso aperto i più blasonati avversari. Il loro geniale piano per incastrare i clienti delle prostitute, nella sua lineare semplicità, ha conquistato i cuori degli e/lettori del Gongoro per la sua efficacia nel palesare la vera natura della polizia di stato. un grazie quindi all'affezionato lettore Gatto Rognoso che ha segnalato la notizia alla giuria del premio.
Menzione d'onore per l'Unione Europea, il favorito numero uno che ha lottato fino alla fine e si è dovuto accontentare della seconda piazza, staccato di un solo punto percentuale. Evidentemente al loro piano sicurezza, seppur ambizioso, è mancato quel pizzico di fantasia, quello slancio creativo che distingue i veri campioni. Ma siamo certi che già nel prossimo futuro i nostri benefattori europei sapranno rifarsi alla grande: le qualità ci sono tutte, una volta acquisita la necessaria fiducia nei propri mezzi ci daranno grandi soddisfazioni.
Chiudiamo dunque questa edizione con la targa ricordo e il Do it yourself: Suicide! già sulla strada per la città dell'amore negato, che ringraziamo per averci dimostrato una volta di più qual è la vera minaccia al pacifico svolgersi delle nostre vite.