Vi devo avvertire: i recenti sconvolgimenti geofisici degli ultimi tempi hanno intrappolato l'isola di Laputa in una zona dell'atmosfera particolarmente carica elettromagneticamente, infatti il dispaccio telepatico di questa settimana pare provenga dal limite delle cose umane. Non oso immaginare dove possa trovarsi in questo momento il Pesce volante con la sua capsula temporale! Spero che non si spinga troppo lontano dal Centro di Igiene Mentale di Laputa.
Una lettura interessante e soprattutto, elettrizzante. Pare quasi di respirare l'aria rarefatta ed energizzata della ionosfera terrestre.
Da parte mia il consueto augurio di un buon fine settimana per tutti, e un brindisi con un antico cocktail, il rakì me meli. Ovvero, un’acquavite aromatizzata all'anice, e miele.
___________________________
Di Giovanni Pesce
Eravamo fermi, l’altra settimana, al momento della scrittura dei Dieci Comandamenti, un piccolo passo per Mosè ma un grande passo per l’Umanità, ed ora ripartiamo e affrontiamo l’annoso problema delle due Arche dell’Antico Testamento.,
La prima, l’arca di Noè, era in pratica un grosso barcone dove vennero radunate molte coppie di animali che, per loro massima sfiga, alla fine dell’operazione “Save & Kill” vennero uccisi in sacrificio in onore del Padreterno.
L’altra arca, detta dell’Alleanza, era invece conosciuta come il deposito ufficiale delle Tavole della Legge; nei circoli cospirazionisti si è messo in evidenza come quest’arca somigliasse in realtà ad un grosso condensatore elettrico, infatti aveva due punte (le ali di due cherubini) molto vicine tra di loro e queste punte non si toccavano esattamente come l’anodo ed il catodo di una batteria di condensatori. Come altra caratteristica elettrica l’arca produceva dei fulmini e delle saette; come una bottiglia di Leida.
Aveva un esterno in legno di acacia, molto isolante dal punto di vista elettrico.
Aveva un’anima interna in oro, ottimo conduttore elettrico.
Aveva due manici di legno e non doveva mai essere poggiata a terra, per evitare di scaricare a terra il proprio potenziale elettrico.
Ma come era possibile immagazzinare energia elettrica nei tempi remoti quando ancora non era stata fondata l’ENEL SpA? Un’ipotesi che è stata presentata nella riunione mensile del dopolavoro “ Elettrici di Laputa” si basa sull’uso di obelischi.
Alcuni proponevano l’uso di obelischi come antenne per catturare la differenza di potenziale elettrico tra la terra e la punta, l’altra teoria presentata, molto più semplicemente, prevedeva l’uso di obelischi come acchiappa-fulmini.
I fulmini, infatti, per cortocircuitare “Tra Cielo e Terra”, prediligono le punte e vengono attirati dagli obelischi come se fossero dei parafulmini; con qualche accorgimento tecnico è ipotizzabile che un po’ di energia elettrica restasse intrappolata in un eventuale condensatore posizionato alla base dell’obelisco stesso.
A conforto di questa ipotesi di studio sono state presentate delle diapositive con tutti gli obelischi egizi e tutti quelli etiopici di Axum. L’Arca dell’Alleanza sarebbe stata trasferita ad Axum in Etiopia, sull’altopiano alla fonte del Nilo Azzurro, zona soggetta a fenomeni temporaleschi, e possiamo osservare come ad Axum siano stati eretti moltissimi obelischi, dei quali uno (la stele di Axum) ha fatto parte per anni del paesaggio romano.
Anche i romani ricordano come spesso la stele di Axum sia stata oggetto di colpi di fulmine; se, nei secoli passati, anni un buon elettricista romano fosse stato in grado di immagazzinare l’energia elettrica, si sarebbe fatta una buona posizione economica, rivendendo l’energia elettrica un poco a poco imbonendo il pubblico con spettacoli di illusionismo.
In quegli anni, fu, comunque, coniato l’anatema “Che Dio ti Fulmini!”, che fu lo slogan principale dei seguaci della Strategia della Tensione.
Era un Venerdi 13 della 380 a.c. dell’era Trifasica.
Una lettura interessante e soprattutto, elettrizzante. Pare quasi di respirare l'aria rarefatta ed energizzata della ionosfera terrestre.
Da parte mia il consueto augurio di un buon fine settimana per tutti, e un brindisi con un antico cocktail, il rakì me meli. Ovvero, un’acquavite aromatizzata all'anice, e miele.
___________________________
Di Giovanni Pesce
Eravamo fermi, l’altra settimana, al momento della scrittura dei Dieci Comandamenti, un piccolo passo per Mosè ma un grande passo per l’Umanità, ed ora ripartiamo e affrontiamo l’annoso problema delle due Arche dell’Antico Testamento.,
La prima, l’arca di Noè, era in pratica un grosso barcone dove vennero radunate molte coppie di animali che, per loro massima sfiga, alla fine dell’operazione “Save & Kill” vennero uccisi in sacrificio in onore del Padreterno.
L’altra arca, detta dell’Alleanza, era invece conosciuta come il deposito ufficiale delle Tavole della Legge; nei circoli cospirazionisti si è messo in evidenza come quest’arca somigliasse in realtà ad un grosso condensatore elettrico, infatti aveva due punte (le ali di due cherubini) molto vicine tra di loro e queste punte non si toccavano esattamente come l’anodo ed il catodo di una batteria di condensatori. Come altra caratteristica elettrica l’arca produceva dei fulmini e delle saette; come una bottiglia di Leida.
Aveva un esterno in legno di acacia, molto isolante dal punto di vista elettrico.
Aveva un’anima interna in oro, ottimo conduttore elettrico.
Aveva due manici di legno e non doveva mai essere poggiata a terra, per evitare di scaricare a terra il proprio potenziale elettrico.
Ma come era possibile immagazzinare energia elettrica nei tempi remoti quando ancora non era stata fondata l’ENEL SpA? Un’ipotesi che è stata presentata nella riunione mensile del dopolavoro “ Elettrici di Laputa” si basa sull’uso di obelischi.
Alcuni proponevano l’uso di obelischi come antenne per catturare la differenza di potenziale elettrico tra la terra e la punta, l’altra teoria presentata, molto più semplicemente, prevedeva l’uso di obelischi come acchiappa-fulmini.
I fulmini, infatti, per cortocircuitare “Tra Cielo e Terra”, prediligono le punte e vengono attirati dagli obelischi come se fossero dei parafulmini; con qualche accorgimento tecnico è ipotizzabile che un po’ di energia elettrica restasse intrappolata in un eventuale condensatore posizionato alla base dell’obelisco stesso.
A conforto di questa ipotesi di studio sono state presentate delle diapositive con tutti gli obelischi egizi e tutti quelli etiopici di Axum. L’Arca dell’Alleanza sarebbe stata trasferita ad Axum in Etiopia, sull’altopiano alla fonte del Nilo Azzurro, zona soggetta a fenomeni temporaleschi, e possiamo osservare come ad Axum siano stati eretti moltissimi obelischi, dei quali uno (la stele di Axum) ha fatto parte per anni del paesaggio romano.
Anche i romani ricordano come spesso la stele di Axum sia stata oggetto di colpi di fulmine; se, nei secoli passati, anni un buon elettricista romano fosse stato in grado di immagazzinare l’energia elettrica, si sarebbe fatta una buona posizione economica, rivendendo l’energia elettrica un poco a poco imbonendo il pubblico con spettacoli di illusionismo.
In quegli anni, fu, comunque, coniato l’anatema “Che Dio ti Fulmini!”, che fu lo slogan principale dei seguaci della Strategia della Tensione.
Era un Venerdi 13 della 380 a.c. dell’era Trifasica.